Si può chiedere il taglio delle piante in condominio in caso di grave allergia?
- Edilcomasca
- 30 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Cosa fare se uno o più condòmini sono allergici alle piante presenti nel giardino condominiale o sul balcone di un inquilino?

In ambito condominiale, le siepi e il verde in generale (da considerarsi un bene comune ai sensi dell’art. 1117 del Codice civile) conferiscono maggior pregio al fabbricato, rendendo più piacevole e vivibile l’intero habitat condominiale.
Tuttavia, occorre considerare eventuali allergie dei singoli condomini alle varie piante o alberi presenti all’interno del giardino condominiale o in un appartamento privato. Cosa si può fare in questi casi? Ecco quello che c’è da sapere.
Piante o alberi condominiali
Quando il giardino è una parte comune, il suo uso deve essere garantito a ogni condomino, al quale è comunque permesso di farne anche un utilizzo particolare, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri proprietari di usufruirne e di goderne in pari modo. La norma di riferimento è l’articolo 1102 del Codice civile.
Ciò consentirebbe, tra le altre cose, anche la piantumazione di alberi e fiori da parte dei singoli condomini, purché avvenga in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell’area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso.
Limiti a tale diritto potrebbero comunque derivare o da divieti imposti nel regolamento di condominio o dalla lesione di diritti degli altri partecipanti. In tal caso occorrerebbe accertare, caso per caso, quanto l’uso da parte dell’uno comprometta l’uso da parte degli altri e quali utilità abbia l’uso del singolo rispetto all’interesse dell’intero condominio.
Cosa fare in presenza di condomini allergici?
Si potrebbe ragionevolmente ammettere che comprovate e attestate ragioni mediche, possano impedire di poter far piantare nuovi arbusti o piante in condominio.
Certamente i fattori da prendere in considerazione non possono ritenersi solo la presenza di allergie o patologie certificate. Tra gli altri elementi che potrebbero essere utili a contemperare e bilanciare le esigenze dei vari soggetti coinvolti:
la grandezza del giardino condominiale;
la distanza dall’abitazione del singolo proprietario rispetto alle piante;
la possibilità di percorrere vie alternative per raggiungere (agevolmente) la propria abitazione, unitamente ad altri fattori esistenti.
Piante in proprietà privata
Tracciati i confini in ambito condominiale, diverso è il discorso da fare in ambito privato, dove la libertà di poter godere al meglio della propria casa e delle proprie pertinenze (giardini o balconi) non deve fare i conti con volontà assembleari. In caso pertanto di apposizione di piante o alberi da parte del vicino che possano arrecare danno alla salute dei vicini, l’analisi dovrebbe essere fatta caso per caso.
Punto di partenza in tale ambito è comunque quanto previsto dall’articolo 893 del Codice civile, secondo cui in caso di realizzazione di siepi o piantumazione di alberi, le distanze minime da rispettare rispetto al fondo del vicino sono:
3 metri per gli alberi di alto fusto;
1,5 metri per gli alberi di mezza altezza;
0,5 metri per le siepi vive;
1 metro per le siepi formate da arbusti legnosi;
2 metri per le siepi costituite da robinie.
Altra prescrizione da rispettare è che, se le siepi si trovano su di un muro divisorio, l’altezza non deve superare quella del muro stesso, al fine di tutelare il diritto alla visuale di tutti i condomini.
Elementi che possono contribuire a limitare problemi di allergie del vicinato, oltre al rispetto delle predette distanze, sono gli obblighi imposti indirettamente dal Codice civile in merito alla potatura degli alberi, che dev’essere effettuata con regolarità onde evitare che la crescita incontrollata dei rami possa recare danno alle proprietà vicine nonché per evitare la proliferazione di insetti e animali.
Si possono tagliare i rami della pianta del vicino?
Attenzione però a non farsi giustizia da sé. Difatti, nel caso in cui una parte della pianta o dell’albero del vicino sconfini nella propria proprietà, la stessa non può essere liberamente tagliata.
Secondo la Cassazione, il vicino danneggiato dall’invasione dei rami può agire in due modi:
far condannare il confinante a eseguire la potatura;
agire per essere autorizzato dal giudice a eseguire la potatura predetta, a spese del vicino.
Piante del vicino: come agire in caso di allergia grave?
Anche in ambito privato vale grossomodo quanto detto in ambito condominiale. Occorre infatti un bilanciamento degli interessi delle varie parti coinvolte. In tal caso sarà più difficile dar prova della condotta “illegittima” del vicino di casa che ha piantato o posto sul balcone piante che hanno scatenato una reazione allergica.
Infatti, se da un lato le prescrizioni sulle distanze viste precedentemente sono di sicuro utili a evitare o quantomeno a limitare tale problematica, dall’altro lato non sarebbe facile supportare in giudizio la tesi che proprio l’albero del vicino o quelle piante siano le sole a scatenare una reazione allergica.
A ciò si aggiunga che in una eventuale causa, il giudice potrebbe tener conto di eventuali comportamenti attivi del soggetto allergico atti a scongiurare la reazione allergica: evitare l’esposizione in quel balcone, utilizzare antistaminici (in assenza di patologie che ne vietino l’utilizzo), realizzare un divisorio con il balcone attiguo, potrebbero infatti essere considerati un valido bilanciamento dei diritti dei soggetti coinvolti.
Il caso degli atti emulativi
Diverso è invece il caso in cui l’apposizione di piante o alberi sia fatta al solo scopo di arrecare un danno al vicino. In tale caso, qualora si riesca a dar la prova che la condotta del vicino sia animata dal solo scopo di arrecare molestia senza che da ciò se ne possa trarre una qualsivoglia utilità, potrebbe invocarsi l’aiuto dell’articolo 833 del Codice civile. Un esempio potrebbe quindi essere il vicino che, da un giorno all’altro, posiziona una pianta alta e fortemente allergizzante (ad esempio l’ambrosia) sul proprio balcone.
Indubbiamente, per poter apprezzare compiutamente ogni fattispecie, è propedeutico un esame dello stato di fatto dei luoghi per una corretta ricostruzione della situazione pre e post compimento di un atto presunto emulativo. Ad ogni modo, il principio della Cassazione in merito a tali fattispecie è chiaro: l’atto emulativo vietato di cui all’articolo 833 del Codice civile, presuppone lo scopo esclusivo di nuocere o di recare pregiudizio ad altri, in assenza di una qualsiasi utilità per il proprietario. Qualora, quindi, il vicino riesca a fornire la prova di tale scopo esclusivo potrà vedersi riconosciuto il diritto alla rimozione della pianta incriminata.
Articolista giuridico, collaboratore esterno di Immobiliare.it
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