L'obbligo di provvedere alla manutenzione e alla messa in sicurezza del comignolo va posto in capo al proprietario dell'unico condotto che giunge sul tetto.

Negli edifici condominiali, le spese di manutenzione – ordinaria e straordinaria – delle canne fumarie vanno ripartite tra tutti i condòmini, in proporzione ai millesimi di proprietà di ciascuno.
Questa regola generale presuppone, ovviamente, che la canna fumaria sia un bene comune. Cosa succede se invece la canna fumaria è di proprietà esclusiva? In questo caso, la canna fumaria appartiene al singolo proprietario. Quindi, è quest’ultimo che dovrà provvedere alla manutenzione a proprie spese.
Stesso discorso se la canna fumaria appartiene ad alcuni soltanto dei proprietari. In quest’ultimo caso, le spese vanno ripartite solo tra questi proprietari, con esclusione degli altri condomini.
Canna fumaria al servizio del proprietario esclusivo
Una recente sentenza del Tribunale di Firenze (la n. 2757 del 9 settembre 2024) ha confermato questi principi generali.
Il giudice, partendo dal presupposto che i beni sono di proprietà dei soggetti a cui servono, ha stabilito che la canna fumaria è posta al servizio esclusivo di una sola unità immobiliare, dovrà ritenersi di proprietà esclusiva di quest’ultima.
In questo senso si è pronunciata anche la Cassazione, secondo la quale una canna fumaria, benché ricavata nel vuoto di un muro condominiale, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad un solo condomino se sia destinata a servire esclusivamente l’appartamento cui afferisce (sentenza n. 9231/1991).
A chi spettano le spese di manutenzione
Nello caso specifico preso in esame dal Tribunale di Firenze, condomino (A) rivendica di essere proprietario di alcune canne fumarie che, partendo dalla sua unità immobiliare al piano terra, giungevano sino al tetto dell’edificio. Per questo motivo, chiede la rimozione dei sistemi di ancoraggio che erano stati fissati alle già menzionate canne per favorire l’installazione di alcuni condizionatori da parte del condomino (B) del piano superiore.
Quest’ultimo, dal proprio canto, rivendica per sé la proprietà di una delle canne fumarie, la quale attraversava – e serviva – il suo appartamento per giungere infine sul tetto.
Nel corso del giudizio si è stabilito che, in realtà, la canna fumaria in questione era costituita da due condotti diversi: uno posto al servizio del condomino (A) e l’altro del condomino (B).
Tuttavia, il condotto veniva bruscamente interrotto da una copertura in muratura probabilmente molto risalente nel tempo, con la conseguenza che l’unica “parte” della canna fumaria realmente funzionante – in quanto collegata al tetto – era quella del condomino (B).
Di conseguenza, il Tribunale di Firenze ha stabilito l’obbligo di provvedere alla manutenzione e alla messa in sicurezza del comignolo a carico del condomino (B), quale proprietario dell’unico sbocco diretto sul tetto.
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